Inviso dai lettori moderni, amato dagli scrittori del passato: scopriamo i segreti dell’infodump e 3 trucchi per evitarlo
Infodump: una parola brutta brutta, quasi volgare, che evoca subito qualcosa di sconveniente. Se è vero che ‘info’ sta per un innocuo ‘information’, ‘dump’ si può tradurre come ‘discarica’, ‘buco’, ‘postaccio’.
Questo termine potrebbe essere reso in italiano come ‘un lungo (e spesso indigesto) blocco di informazioni all’interno di un’opera di narrativa’. Può riguardare svariate parti del libro: descrizioni fisiche, digressioni sul passato dei personaggi, divagazioni paesaggistiche e via dicendo.
Oggi l’infodump è visto come il Grande Nemico della Narrativa, più cattivo del Sauron di Tolkien, più diabolico del Professor Moriarty di Doyle. Eppure, c’è stato un tempo in cui la si pensava diversamente. Perché, a un certo punto, le cose sono cambiate? Lo scopriremo in questo articolo!
L’infodump è un errore in senso stretto?
Qualunque professionista editoriale, soprattutto se parliamo di editor, deve sapere che la scrittura, come ogni forma d’arte, è soggetta ai capricciosi mutamenti delle mode. Certo, l’amore per i classici rimane immutabile in ogni epoca, ma i gusti letterari cambiano. Ciò che era tollerato il secolo scorso può apparire tedioso ai lettori di oggi: l’infodump ne è un chiaro esempio.
Avete presente il celebre incipit dei Promessi sposi? Rinfreschiamoci la memoria:
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien quasi a un tratto, tra un promontorio a destra e un’ampia costiera dall’altra parte.
Ecco. Questo è uno dei più limpidi, puri e autentici esempi di infodump. Oggi, qualsiasi libro che iniziasse così sarebbe cestinato da tutti i lettori editoriali in circolazione.
Cosa significa? Che Manzoni non sapeva scrivere? Che era un raccomandato e ha fatto carriera come romanziere solo perché aveva qualche amico potente? Assolutamente no. Il suo incipit, come ogni parte dei Promessi sposi, trova perfetta collocazione nel capolavoro che ha scritto. Semplicemente, i lettori dell’epoca avevano preferenze diverse dalle nostre.
L’infodump, dunque, non è da considerarsi un errore in senso assoluto nella storia della narrativa, bensì un meccanismo da evitare se si vuole scrivere un romanzo piacevole per i lettori odierni (e non è detto che debba essere per forza lo scopo di ogni opera contemporanea).
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L’infodump nella narrativa fantastica
Gli appassionati di fantasy lo sanno bene: Tolkien faceva ampio uso di lunghe e particolareggiate descrizioni per mostrarci la sua Terra di Mezzo. Gli abiti, l’architettura, gli usi, i manufatti, il linguaggio stesso delle sue creature monopolizzano interi paragrafi delle sue saghe.
La letteratura fantastica, infatti, è uno dei generi più soggetti all’infodump, soprattutto se parliamo di epic fantasy e fantascienza. Il lettore si trova catapultato in un mondo completamente diverso da quello al quale è abituato: bisogna fornirgli informazioni per fargli comprendere la trama, ma se esageriamo con le descrizioni corriamo il rischio di annoiarlo.
La sfida per lo scrittore, e ovviamente per il suo editor, è trovare un equilibrio tra i due poli opposti.
Come deve comportarsi l’editor di fronte all’infodump?
Innanzi tutto, l’editor deve essere consapevole dello scopo e del genere dell’opera.
Se sta correggendo un thriller adrenalinico ad alta tensione, è ovvio che l’infodump interromperà le scene d’azione e risulterà totalmente fuori luogo.
Se invece si trova tra le mani un lungo e particolareggiato epic fantasy, destinato a un pubblico che adora Il signore degli anelli… la questione sarà più delicata.
Prima di asciugare intere descrizioni, occorrerà confrontarsi con l’autore sulle aspettative e i gusti della nicchia di riferimento. Perché non bisogna mai dimenticarsi che il libro, pur essendo frutto dell’estro artistico di un autore, è pur sempre un prodotto editoriale che va immesso sul mercato.
3 dritte per evitare l’infodump
L’editor, lo sappiamo, non deve limitarsi a notare che qualcosa non va nel testo: deve anche essere in grado di proporre alternative valide. Vediamo, quindi, 3 dritte per evitare che l’infodump si impossessi del romanzo che stiamo correggendo.
- Dialoghi: sì alla spontaneità, no al bombardamento di informazioni
L’infodump, spesso, si annida nei dialoghi; gli scrittori più inesperti usano questo escamotage per fornire notizie al lettore senza ricorrere all’io narrante.
Poniamo il fatto che la nostra protagonista, Priscilla, debba indagare su un delitto in una città che non conosce, dove i cittadini sono ritrosi e non vogliono parlare di quello che è successo. L’autore potrebbe scrivere un virgolettato di questo tenore:
Mentre si avvicinavano all’albergo, il taxista le disse: «Non otterrai niente con le tue domande. A Silent City la gente è ritrosa, brusca e diffidente. Ognuno si fa gli affari suoi, nessuno vuole che una forestiera si impicci nelle faccende della città. C’è un clima ostile, te ne accorgerai presto».
Questo blocco di informazioni rovina la sorpresa e toglie il pathos all’intera vicenda. È molto meglio che Priscilla scopra la dura realtà a poco a poco, insieme al lettore, rapportandosi con questi cittadini così burberi. Magari la questione può essere anticipata da una battuta a effetto o da un sorriso sarcastico del taxista, che allude al problema senza però rivelarlo del tutto.
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- Descrizioni: sì alla sensorialità, no all’‘Effetto Wikipedia’
Quando si descrive un paesaggio, un edificio o un qualsiasi altro luogo, l’‘Effetto Guida Turistica’ (altrimenti detto ‘Effetto Wikipedia’) è sempre in agguato.
Poniamo il fatto che Priscilla, durante uno dei suoi viaggi, si ritrovi in Temple Bar, un vivace quartiere di Dublino. L’autore, non sapendo bene da dove iniziare, consulta Wikipedia e descrive il luogo con queste parole:
Temple Bar era un rinomato quartiere di Dublino, riqualificato a partire dagli anni Novanta. Al centro della vita notturna della capitale irlandese, ospitava numerosi pub come l’Hard Rock Cafe, la Porterhouse e naturalmente il Temple Bar. Non appena ci mise piede, Priscilla di trovò circondata da suonatori di arpa e violino, cantanti, giocolieri e da una gran quantità di gente alticcia.
È una descrizione inefficace perché completamente asettica. Fornisce informazioni, ma non fa percepire nulla dell’atmosfera del quartiere.
Per renderla più dinamica si potrebbero descrivere le sensazioni di Priscilla: la musica le piace o le dà fastidio? Le persone ubriache le trasmettono buonumore o imbarazzo? Sente degli odori particolari? L’aria è fresca, tiepida o umida? Con queste informazioni, possiamo scoprire lo scenario insieme a lei.
- Personaggi: sì all’affiorare graduale dei dettagli, no alla carta d’identità
Come esempio, prendiamo un fantomatico incontro tra Priscilla e il bel dannato Kevin.
Kevin era di altezza media, bruno e con gli occhi scuri. Aveva un fisico asciutto e prestante. Era di poche parole e aveva sempre lo sguardo torvo. Nonostante l’aspetto cupo, però, non era una cattiva persona: erano state le vicissitudini del suo passato a renderlo così schivo.
Quando incontriamo qualcuno nella vita reale, non c’è mai una voce fuori campo che ci informa dei suoi trascorsi. Potremo fidarci di lui o no? Lo sapremo solo frequentandolo. Lo stesso vale per i personaggi di un libro: è molto meglio scoprirli gradualmente, assieme ai protagonisti della vicenda. E, solitamente, viene percepito più elegante fare emergere i dettagli fisici nel corso della narrazione, anziché presentare l’identikit completo all’inizio.
Per approfondire
Per saperne di più sulle tecniche di scrittura, soprattutto dal punto di vista degli aspiranti lavoratori editoriali, vi consigliamo di dare un’occhiata approfondita al nostro blog.
Per iniziare, vi segnaliamo l’articolo Come creare personaggi di libri credibili e coinvolgenti.
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