Lavoro editoria: compromessi da non accettare.

Lavoro nell’editoria: 5 compromessi (tipici) ai quali è bene dire no

È giusto accettare qualsiasi compromesso, pur di tenersi stretto il lavoro dei propri sogni?

Noi di Edigho ripetiamo sempre che bisogna lottare per ottenere il proprio spazio nell’editoria di oggi.

Occorre conoscere a fondo le dinamiche della filiera, garantire ai clienti un lavoro impeccabile, costruire una solida rete di relazioni e diventare autorevoli nella propria nicchia.

Ma ‘lottare’ non significa ‘cercare lavoro nell’editoria con qualsiasi espediente’.

Perché?

Perché così rischiamo di rovinarci la carriera in partenza.

In questo articolo analizzeremo i 5 tipici compromessi che sarà bene rifiutare, se vogliamo avviare un percorso professionale di successo.

I 5 tipici compromessi del lavoro nell’editoria

Divideremo i primi quattro compromessi per categoria: due si riferiranno al self-publishing e due all’editoria tradizionale.

Il quinto, invece, sarà comune a entrambi gli ambiti.

Sia chiaro, un professionista freelance può lavorare sia con gli autori indipendenti che con le CE.

I compromessi numero tre e quattro, però, in questo caso saranno da riferirsi unicamente a chi è assunto come dipendente o tirocinante in una casa editrice.

Leggi anche: Lavorare con le case editrici: potrebbe non essere la scelta migliore

Compromesso numero 1 (self-publishing): contribuire alla pubblicazione di libri senza futuro

All’inizio della nostra carriera, lo scoglio più grande può sembrare quello di trovare nuovi clienti.

Abbiamo bisogno di lavorare: non ci sembra il caso di fare gli ‘schizzinosi’ rifiutando nuovi incarichi.

Ma queste premesse possono farci cadere nella trappola di contribuire a pubblicazioni senza futuro.

Con il self-publishing, infatti, chiunque può pubblicare un libro con pochi click. Non esistono più barriere, non esistono più scogli da superare o approvazioni da ottenere, selezioni da superare…

Com’è ovvio, però, il solo fatto di poter schiacciare qualche pulsante su una tastiera non dona la capacità di scrivere opere meritevoli di pubblicazione.

Il lavoro nell’editoria è svilito dai testi senza valore

Poniamo che un libro di scarso valore ci capiti tra le mani: il suo autore, convinto di aver prodotto un capolavoro, ci chiede un editing.

Noi capiamo subito che quel testo non ha futuro.

Può trattarsi di un romanzo privo di filo logico, che nemmeno l’editing più profondo renderebbe leggibile.

O magari si tratta di un saggio rivolto a una nicchia di lettori troppo risicata, o un’autobiografia autocelebrativa che non interessa a nessuno (se non a chi l’ha scritta).

Come ci comportiamo?

La tentazione (forte) è quella di accettare l’incarico.

Potremmo pensare: “Ma sì, intasco questi soldi e faccio quello che devo fare. D’altronde, è il mio lavoro: non è mica colpa mia se questo autore non è bravo a scrivere’.

ALT!

Questo ragionamento, anche se può apparire innocuo, ha delle brutte conseguenze:

  • ci renderà complici di un panorama editoriale sempre più desolante. Prima ancora di essere professionisti siamo lettori appassionati (si spera). E, in quanto lettori appassionati… vogliamo davvero che la qualità delle pubblicazioni sia così bassa?;
  • accettare questo compromesso contribuirà ad alimentare il falso mito secondo il quale ‘l’editoria è rovinata dagli autori autopubblicati’. Una credenza che danneggia non solo gli scrittori indipendenti seri, ma anche noi freelance che lavoriamo al loro fianco con serietà;
  • quella pubblicazione finirà nel nostro portfolio: vogliamo davvero presentare una simile opera come biglietto da visita?

Soluzione al compromesso numero 1

Dobbiamo trovare il coraggio di rifiutare i testi senza futuro (o, peggio, senza ragione d’esistere).

Questo non significa essere sgarbati e altezzosi, non significa aspettare il nuovo Tolstoj, ma essere dotati della sufficiente dose di consapevolezza per capire quali dattiloscritti possano essere trasformati in libri e quali no.

Si tratta di una delle doti fondamentali da possedere, se vogliamo diventare veri professionisti editoriali.

Compromesso numero 2 (self-publishing): non avvalersi di collaboratori

Se un autore si fida di noi, può pensare di affidarci tutte le lavorazioni di cui necessita il suo libro, dall’editing alla correzione di bozze. In fondo, per lui è più comodo rivolgersi a un unico professionista.

Noi, però, sappiamo che una sola persona non può garantire un risultato ottimale su tutti i livelli di correzione del testo.

Se abbiamo già fatto l’editing, non avremo l’occhio abbastanza fresco per occuparci anche della correzione di bozze.

Le conseguenze saranno gravi, perché consegnare una correzione di bozze imperfetta ci farà perdere credibilità.

Soluzione al compromesso numero 2

Facciamo rete con gli altri professionisti.

Possiamo indirizzare i nostri clienti ai colleghi che più stimiamo.

Ad esempio, noi ci occuperemo dell’editing e un nostro contatto fidato della correzione di bozze.

In questo modo, ci aiuteremo a vicenda a trovare nuovi incarichi e terremo alta la qualità dei nostri lavori.

Compromesso numero 3 (case editrici): lavorare gratis

Affrontiamo ora l’annoso problema degli stage non retribuiti all’interno delle case editrici.

Come capire se queste occasioni siano autentiche opportunità formative o semplice sfruttamento?

Non c’è una formula magica per prevederlo.

Possiamo però analizzare a fondo l’annuncio di lavoro e informarci bene in fase di colloquio.

Dobbiamo capire se è previsto per noi un percorso di crescita, se verremo affiancati da un tutor, se alla fine dello stage ci sarà possibilità di assunzione o se, viceversa, saremo sostituiti con altra manodopera (sempre sottopagata, naturalmente).

Per approfondire l’argomento, potete leggere l’articolo Correttori di bozze e offerte di lavoro: come distinguere le opportunità dalle perdite di tempo.

Soluzione al compromesso numero 3

Diffidiamo dalle offerte di stage che ci vogliono far lavorare gratis (o quasi) solo perché ‘fa curriculum’.

Indaghiamo in fase di colloquio sulle effettive opportunità di formazione e crescita professionale.

Compromesso numero 4 (case editrici): accettare di fare ‘un po’ di tutto’

Se entriamo in una casa editrice con un ruolo, dobbiamo mantenerlo.

Non dobbiamo essere disposti a fare ‘un po’ di tutto’ solo per il prestigio che l’essere stati assunti da una realtà editoriale comporta.

Questo non vuol dire avere una mentalità chiusa e rifiutare di imparare cose nuove, anzi!

Ben vengano i luoghi di lavoro dove si apprendono mansioni utili per accrescere la propria professionalità.

Ma devono essere, appunto, utili.

Una cosa è entrare come correttore di bozze e imparare anche i segreti dell’editing. Va benissimo, anzi: è auspicabile!

Altra cosa è entrare come correttore di bozze e finire con il fare solo fotocopie e portare il caffè al capo.

Questo è inaccettabile.

Soluzione al compromesso numero 4

Rimaniamo focalizzati sui nostri obiettivi di crescita professionale. Non dobbiamo dimenticare il ruolo per cui siamo stati assunti.

E, soprattutto, teniamo a mente che non dobbiamo mai accettare demansionamenti.

Leggi anche: Come lavorare con i libri e perché è (ancora) un’enorme opportunità

Compromesso numero 5 (trasversale): rinunciare alla qualità

Il consiglio finale è uno solo: non dobbiamo accettare nessun compromesso quando si parla di qualità.

Non possiamo permetterci di sporcare il settore, né di lavorare a condizioni svilenti.

Sarà sempre la serietà del nostro lavoro a rimetterci.

Se il cliente non ha il budget per retribuire in modo adeguato i nostri sforzi, o se ha scritto un’opera illeggibile e priva di qualsiasi utilità/struttura/contenuto, vuol dire che non possiamo accettare il lavoro.

Se la casa editrice è in crisi e non ci può pagare, o se cerca un addetto alla fotocopiatrice anziché un professionista, vuol dire che non possiamo accettare il lavoro.

Se non abbiamo il tempo necessario da dedicare ai clienti, perché abbiamo già un altro impiego e ci ritroviamo a correggere di notte e a consegnare testi sporchi, vuol dire che non possiamo accettare il lavoro.

Come abbiamo visto, c’è una soluzione per ogni problema.

Ma tutto parte dal non accettare il compromesso.

Non bisogna per forza svendersi e stare male con se stessi per trovare lavoro in editoria.

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